Senza una legge elettorale chiara e condivisa non si può cambiare il Paese
Senza legge elettorale, niente ripresa economica
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 10 febbraio 2014
Abbiamo fatto mille analisi sull’economia italiana, sui suoi punti di forza e sulle sue debolezze. Abbiamo visto che di debolezze ne abbiamo tante ma abbiamo anche constatato che, nonostante la mancanza di grandi imprese, vi sono ancora migliaia di protagonisti capaci di lottare nel mondo globalizzato. Tuttavia abbiamo sempre dovuto ammettere che questa residua vitalità della nostra società viene mortificata dalla fragilità delle istituzioni e dalla lentezza e dalle disfunzioni dell’apparato pubblico.
In poche parole possiamo affermare che, anche nei casi nei quali emerge un’indubbia capacità dei singoli protagonisti, il risultato della loro fatica viene annullato dal cattivo funzionamento del nostro apparato pubblico, privo della continuità e della forza sufficiente per produrre i necessari progressi.
Infiniti rimedi sono stati proposti ma tutti si sono arenati nell’incapacità di decidere. Il processo di uscita da questa grande paralisi non è breve e non è semplice ma una cosa è certa: esso non può essere portato a termine senza una legge elettorale in grado di produrre un governo efficiente e duraturo.
Può essere vero che gli italiani sono sempre più estranei al dibattito sulla legge elettorale, anche perché un dibattito che prosegue da anni e anni senza arrivare ad una conclusione non può che stancare. E’ tuttavia doveroso ammettere che senza una legge elettorale chiara, accettata e condivisa non si può pensare a cambiare il nostro Paese.
Naturalmente quando un dibattito dura all’infinito si finisce col perdere il filo conduttore del dibattito stesso. Non mi stupisco perciò che negli ultimi tempi sia rinata una certa nostalgia per il proporzionale, dimenticando che, nella frammentazione a cui è ormai arrivata la politica italiana, il sistema proporzionale non è in grado di fornirci un governo all’altezza dei propri compiti. Lo stato di necessità ha infatti portato a governi di intese e programmi così ampi e divergenti da perpetuare un sostanziale stato di paralisi, nonostante la forza nelle sedi parlamentari.
La constatazione di questa paralisi ha dato finalmente vita all’attuale progetto di riforma elettorale, ora entrato nella fase più importante e delicata del suo processo decisionale.
Vi sono ancora molti nodi da risolvere perché è cominciato un normale processo di negoziazione indirizzato soprattutto a difendere gli interessi immediati dei diversi partiti politici.
Questa fase è naturale e scontata ma ugualmente pericolosa perché il lato negativo della legge elettorale attualmente in vigore deriva proprio dalla sua sottomissione agli interessi di una parte politica. Gli stessi autori del “porcellum” hanno apertamente ammesso che la loro legge era solo finalizzata a favorire la loro vittoria nell’imminente campagna elettorale. Anche se l’impianto iniziale dell’attuale progetto è nato con un maggiore rispetto dell’interesse generale, molte delle numerose proposte di modifica sono dettate dalla medesima ispirazione del passato, cioè di proteggere l’interesse del proprio partito. Obiettivo comprensibile ma che, se ripetuto e moltiplicato, impedisce alla legge elettorale di adempiere alla propria funzione di dare al paese una maggioranza di governo non solo forte ma sufficientemente omogenea.
Insisto sul concetto di omogeneità perché solo così si può costruire un progetto. Un progetto innovativo per il futuro di un Paese. Anche nei paesi in cui abbiamo un governo di “grande coalizione”, esso è stato infatti costruito su un programma comune, curato fino ai dettagli, compresi i tempi e i modi della sua esecuzione. Non mi sembra che quest’ipotesi sia facilmente realizzabile nel contesto italiano.
Nelle prossime settimane ci attendiamo quindi uno sforzo per accelerare il processo di formazione della nuova legge elettorale, unito ad uno sforzo parallelo volto a evitare le distorsioni che, allo scopo di inseguire interessi specifici, toglierebbero la coerenza necessaria per la sua efficacia.
Il raggiungimento di quest’obiettivo ha conseguenze economiche molto più profonde ed immediate rispetto a quanto comunemente si pensa. Se non si riallacciano i fili fra la società e la politica gli sforzi delle singole imprese risultano vani. Nel mondo globalizzato in cui viviamo prevalgono infatti i paesi che offrono un robusto sistema di governo. Se questo non è il caso dell’Italia non tutta la colpa può essere attribuita alla legge elettorale ma è certo che essa è condizione necessaria perché sia possibile mettere in atto una seria politica. Il dibattito finale che sta cominciando può essere quindi noioso e difficile da seguire ma è certo decisivo per il nostro futuro.
Una buona legge elettorale non è infatti soltanto la corazza della nostra democrazia ma è condizione necessaria perché le imprese italiane e straniere possano di nuovo credere nel nostro Paese. Non vorrei essere troppo brutale o troppo semplicista ma sono convinto che senza legge elettorale non vi può essere nemmeno la ripresa economica.